Non ci crederete, ma conosco un sacco di trentenni che stanno meditando di riprendere a studiare all'università. Qualcuno lo ha già fatto, segnandosi alla classica seconda laurea quasi identica alla prima che ti regalano facendo due esami e mezza tesi. Altri hanno intrapreso il dottorato (lavorando, tra l'altro!) e altri ancora vorrebbero farlo ma non possono per problemi vari (tipo figli e mutuo da pagare).
E vabbe', ma a noi che cosa cazzpita ce ne frega? Il fatto è che il sottoscritto, essendo il più scemo di tutti, tra le migliaia di corsi di laurea disponibili ha deciso che gli piacerebbe tanto fare Medicina. Essendo già ingegnere e avendo imparato un po' di lingue straniere per conto mio (non necessariamente bene, eh!) per una volta avrei anche potuto avere la fortuna di appassionarmi a qualcosa di semplice e che non richiedesse chissà quale impegno di concentrazione e di studio... e invece no!
A me piace solo medicina (maiuscolo o minuscolo che si scriva), e l'unica fortuna in tutto questo è che - se anche decidessi di provarci davvero - non passerò mai il test di ammissione alla facoltà. Nel mio caso specifico, la selezione severa e ingiusta che preclude ai più l'accesso a questi studi si rivelerà una sorta di grazia divina: non mi consentiranno di riprendere gli studi, evviva!
Ma insomma, tagliamo corto: andando a cercare su Internet le esperienze personali di altri scemi che, come me, si erano messi in testa di diventare medico a 30 anni o giù di lì (tanto per vedere se qualcuno è morto di vecchiaia prima della specializzazione) come i più acculturati tra voi già avranno intuito è uscito fuori un certo Albert Schweitzer.
Senza star qui a scrivervi tutta la biografia (magari ve la linko più sotto), vi basti sapere che, nato nel 1875 (VISTO L'HO CORRETTO) all'età di 30 anni il sig. Schweitzer era già un musicista affermato, un filosofo/teologo, insegnava all'università e faceva anche qualche altra cosa che mi sono scordato. La cosa ancor più degna di nota è che, di punto in bianco, questo signore si è rotto le scatole della sua vita agiata e piena di successo e s'è messo in testa la malsana idea di diventare medico per aiutare i poveri. E manco i poveri europei, ma i poveri africani... che stanno in Africa!
E io m'immagino la gente che gli diceva: ma do' cazzo vai a medicina a 30 anni? Te in Africa manco c'arrivi! Anche perché i 30 anni del '900 erano diversi dai 30 anni nostri, credo, visto che a differenza di me e dei miei coetanei a quell'età tanta gente aveva già combinato qualcosa.
Fatto sta che alla fine Schweitzer ha vinto il nobel per la pace, l'ospedale che ha costruito in Africa con le sue mani sta ancora lì (e funziona anche bene) ed è morto a 90 anni mentre ancora seguiva il suo lavoro. Nel tempo libero tra la seconda laurea e il salvataggio del Mondo il sig. Schweitzer ha anche scritto diversi libri, tra cui una sua autobiografia intitolata La mia vita e il mio pensiero che io leggerei con tanto tanto piacere.
Eppure io questo libro non l'ho potuto leggere: in libreria non lo trovate manco a pagarlo (e io l'avrei pagato volentieri), e nessun libraio ha voluto ordinarmelo perché tanto non si trova e basta. La casa editrice originale è stata assimilata da una più grossa che al momento ha altro da stampare, per cui niente da fare: l'autobiografia di Albert Schweitzer non la può leggere più nessuno.
Ecco, riuscite o non riuscite a farvi un'idea della cosa? Nelle librerie trovate cataste di libri che solo a leggere la quarta di copertina poi tocca farsi la doccia. Quasi sempre c'è anche il settore musica-film-videogiochi che spaccia certa roba che come un sedicenne ci posa gli occhi diventa irrimediabilmente stupido. E il libro di un premio nobel invece nemmeno ve lo ordinano perché tanto non si trova da nessuna parte.
Schweitzer potrebbe essere un esempio per tante persone. È uno che se leggi la sua vita su Wikipedia ti fa pensare: e cazzo, allora pure io. Eppure non esiste più, a parte quando Google decide che cercavi proprio lui e ti sputa fuori la pagina con la sua biografia (come del resto è successo a me).
Però è Google, è Internet, è una roba che nemmeno si paga! La stessa roba che ti dicono che non è stata selezionata, incartata e rivenduta come si deve, e che per molti non avrà mai lo stesso valore del suo equivalente commerciale, quello col tagliandino del prezzo incollato sopra. E io sono arrivato a chiedermi a cosa serva l'editoria: a che serve pubblicare un romanzo se tanto che ci sei o non ci sei è uguale, visto che le cose belle e importanti non si trovano lo stesso? Peggio ancora: le cose importanti finiscono nel mucchio della roba scartata, in mezzo alla spazzatura.
Ma che li scriviamo a fare i libri nuovi quando non siamo capaci nemmeno di valorizzare quelli che già ci sono? Bah. Mi domando cosa farebbe il dott. Schweitzer, al posto mio. Che penserebbe se venisse a sapere che i suoi valori ormai interessano talmente poco che non vale più nemmeno la pena di metterli su carta? E manco su Emule sono riuscito a trovarlo, mannaggia alla miseria!
Forse non se la prenderebbe più di tanto. Continuerebbe a fare il suo lavoro, tranquillo e beato: che gl'importa se il suo testo non si trova più da nessuna parte? In fin dei conti i suoi pazienti nemmeno sapevano leggere, e una libreria non l'avevano neanche mai vista. Si preoccupava di cose più importanti, il dottor Schweitzer. Aveva di meglio da fare.
E io il suo libro lo cercherò usato.
Simone